From Sylvestre Gherardi    [20 mars 1825]

Signore,

[106]     Nella lettera che aveste la bontà d'inviarmi nell' autunno passato pel sig Arago, e che avete   inserita negli Annales de Physique et de Chimie (Août 1825), la prima delle due osservazioni, che dite d' aggiungere a quelle che io ho  avuto occasione di fare nella mia Memoria 1 sopra alcune esperienze del Signor Cavaliere Leopoldo Nobili, tende a provare che questo  Fisico s'è meco ingannato nell'opporre al vostro   principio dell'impossibilità d'ottenere un movimento rotatorio continuo in un sistema  di circuiti chiusi per l'azione d'un altro sistema simile, il moto rotatorio continuo ch'   esso trovò concepire un anello di platino  che tiene eretti parallelamente al suo  asse, e in punti diametralmente opposti  della sua periferia, due aghi magnetici,  allorché tale anello galleggia sul mer [107] curio e che l'uno de' reofori si tuffa perpendicolarmente in questo liquido attorno al centro dell' anello , mentre l'altro reoforo, altrove, e fuori dello stesso anello comunica  col mercurio. Voi pretendete a mostrare, che  a tal capo non possa essere applicato il  suddetto vostro principio, perché dite che,  se non nella lettera a Faraday, almeno  in molti altri luoghi del vostro Recueil escludete l'impossibilità del movimento  continuo, per l'azione reciproca de' circuiti chiusi, quando uno di questi è in parte liquido, o allorché le sue diverse parti non sono invariabilmente legate fra loro; come accade pel circuito elettrico della pila coll'intermezzo del mercurio nela nominata esperienza del Cavalier Nobili. Quindi fate veder di pensare che, la non osservanza a questa vostra condizione della solidità d'ambedue i circuiti chiusi, ci abbia indotti nell'errore di cui ho parlato, e che ciò sia provenuto, dal aver noi preso solamente in esame l'inesatta espressione di quel vo[108]stro principio, la quale si ritrova nella lettera a Faraday. In quanto a me, io protesto in prima di non aver mai intesa bene la verità di tale principio, non solo come è dichiarato in questa lettera, ma anco secondo l'idea che me ne son potuto formare, contemplando l'insieme de' modi che adoperaste a significarlo in varii luoghi del vostro Recueil, non omesso anche quello che mi avete trascritto nella vostra lettera come il più esatto, e che è alla pag. 235 di questa vostra Opera. E mi pare che tutto questo abbastanza si rilevi dalla mia Memoria, sol che si rifletta che dalla pag. 20, in cui comincio a parlare della esperienza del Cavalier Nobili, sino alla fine, cerco di spiegarne il risultamento, non già come fate voi, e che superiormente ho accennato, ma tentando di mostrare invece che dalla vostra stessa Memoria sull'applicazione del calcolo ai fenomeni elettro-dinamici, e dagli   [109] altri principii ben stabiliti della vostra teoria, ne risultava in generale la falsità del suddetto principio, si volesse esso applicare a circuiti chiusi, solidi in tutto, o in parte. E benché io non abbia usata l’ultima proposizione, nella mia memoria, pure non avendo motivata affatto la distinzione de’ circuiti chiusi solidi totalmente, o in parte liquidi, ben si capisce, che ho inteso d’abbattere il medesimo vostro principio, tanto nell'un caso, che nell'altro. Quindi ne ho contrastata la verità opponendogli, non solo il fatto del movimento continuo trovato dal Cavalier Nobili, ma de' ragionamenti diretti, sulla vostra medesima teoria elettro-dinamica, co' quali ho poi preteso di conciliar la con quello. Diversi sono perciò i modi di vedere di noi due, sopra tal particolare, benché insieme crediamo che il movimento continuo sperimentato da questo Fisico, non sia realmente   [110] contrario alla teoria elettro-dinamica. Quindi per quel che ho detto, e che è atto a mostrare tale diversità, io m'aspettava, quando voi doveste essere meco discorde su tal soggetto, che non solo mostraste il fatto scoperto dal Fisico Italiano non essere contradditorio al vostro principio generale (come io lo pensavo, ma sotto un rapporto diverso con questo Fisico) perché non ne fosse esclusa la possibilità dal significato esatto di questo; ma di più mi lusingava che nello stesso incontro maggiormente spiegando tale principio, lo veniste a dimostrare in maniera, che sul medesimo non si potessero più levare de’ dubbj, togliendo quindi quelli che ad ogni modo io avevo preteso di muovergli contro nella mia Memoria, e la forza de’ quali, per me, s’è piuttosto accresciuta dopo, di quello che diminuita. Le cose che qui aggiungerò comprovanti che sono ancora del medesimo sentimento, in tutto e per tutto,   [111] che manifestai su tale soggetto in questa Memoria, malgrado la lettura attenta della lettera che m’avete diretta, e de’ passi del vostro Recueil che in questa trascriveste, spero che vi daranno occasione di riprendere lo stesso argomento colla vostra sagacità ordinaria. Da cui ne risulterà poi del vantaggio per questa parte della Fisica, cui con tanto calore e successo v'applicaste, e della quale rapidamente ne avanzaste i limiti; e d’altronde tutti quelli, che partecipassero agli stessi miei dubbi, saranno meco illuminati per mezzo vostro. Questi sono i soli motivi, che nell’ incontro d’una favorevole occasione per Parigi m’hanno spinto a scrivervi.          E prima d'ogni altra cosa vi dirò, come il moto continuo scoperto dal Cavalier Nobili, mi sembri ancora opposto fondamentalmente al vostro principio generale sull' impossibilità d'un mo[112]vimento di tal specie in circuiti chiusi, qualunque siasi il senso, in cui s’interpreti, preso dal vostro Recueil. Perocché, è ben vero che nella maggior parte de’ luoghi voi premettete la condizione, che tutti e due i circuiti sieno solidi; ma la ragione per la quale escludete così che una parte d'uno d'essi sia liquida, non è già sicuramente perché allora crediate che nasca, fra i due circuiti interi, quella forza che già abbastanza dichiaraste dover essere in tal caso nulla; ma perché sanamente concludete, che, come deve essere sempre nulla quella forza che si considera risultante dall' azione del circuito tutto solido sul complesso delle due parti dell'altro, una liquida, l'altra solida, così non può esser nulla quella che si consideri risultante di tutte le azioni del primo circuito sopra ognuna di queste parti separatamente. Perciò ne   [113] deriva che tali parti fra loro slegate potranno concepire de' movimenti rotatorii continui che si faranno in sensi contrari. Ma di qui io poi dedurrò, che se il moto rotatorio è possibile in ognuna delle parti del circuito chiuso che le ha slegate, resta però ancora impossibile a potersi ottenere (secondo il vostro principio) nell' altro che rimase tutto solido. Giacché l'esser diventata liquida una delle parti dell'altro circuito, non toglie che questa non possa più unire la sua azione a quella della parte compagna rimasta solida: si comporrà dunque ancora di queste due forze una risultante zero, come accade, secondo voi, allorché queste due parti ambidue solide formano un sistema di forma invariabile, e che agiscono sull'altro sistema solido, come al presente fanno. A   [114] me pare che il gran principio dell'azione e reazione di Newton, di cui, con molta ragione, avete fatto uso nella nota alla pagina 369 del vostro Recueil, per abbattere alcuni oppositori della vostra teoria, fortemente appoggi, e confermi quest’ultima conseguenza. Imperocché fa d'uopo riflettere che le forze colle quali tendono a girare le due parti slegate del circuito chiuso di forma variabile, sono eguali, e contrarie: e perciò le due reazioni che ne risultano sull'altro circuito chiuso saranno pur esse eguali, e contrarie; il che basta, perché, esercitandosi esse sopra un sistema di forma invariabile, questo non possa prendere alcun movimento.            Tutto ciò deve farvi rammentare, Signore, quello che voi stesso avanzaste nella lettera a Faraday, alla pagina 368 del Recueil, e che è sos[115]tanzialmente identico alle cose da me ultimamente discorse. Ivi si tratta appunto, dell'azione che può avere la corrente interna alla pila, insieme con quella che desta ne' conduttori che ne completano il circuito (uno de' quali è un filo metallico e l'altro il mercurio, il che tutto forma un circuito interamente chiuso di forma variabile) sopra una calamita, che è un sistema di circuiti chiusi di forma invariabile, la quale pesca nel suddetto mercurio ed è abbracciata da quella specie di ferro da cavallo in cui si ripiega una parte del conduttor metallico che porta in alto una coppa, e le cui estremità si tuffano nel medesimo mercurio. Voi, ben ragionando, dite, che quella porzione di conduttore a ferro da cavallo, e questo liquido, gireranno per l'azione della   [116] calamita, in sensi contrari. Aggiungete che reagiranno su di questa in modo che ognuno tenderà a farla girare in senso contrario, al proprio movimento, e con una forza eguale; ma terminate con istabilire che =le reste de la courant électrique, qui est contenu dans les rhéophores et la pile, agit pour faire tourner l'aimant avec une force égale à la différence des deux actions du fer à cheval et du mercure, puisque l'action totale de tout le circuit voltaïque doit être nulle= Perciò confermate esser vero ciò che avevate avanzato alla pagina 367 ed in altri luoghi del vostro Recueil (specialmente alla pag. 236 N.° 3, vale a dire, verso la fine del passo che in parte mi trascriveste nella vostra lettera) che, onde non sia più impossibile d'ottenere in tali circostanze il moto continuo nella calamita intorno al suo asse,   [117] abbisogna che la porzione mobile del circuito elettrico della pila sia legata alla calamita; oppure che questa sia percorsa da una porzione di corrente; che è poi lo stesso che dire: fa d'uopo rendere non interamente chiuso il circuito di forma variabile, che prima lo era: ossia, che fin tanto ché tale circuito è interamente chiuso, benché non avente le sue diverse parti fra loro stabilmente legate, la calamita su cui agisce, o qualunque altro circuito interamente chiuso, mai potrà concepire un movimento continuo. Se dunque voi stesso, o Signore, non avete creduto che la liquidità d'una parte di uno de' due circuiti chiusi, sia sufficiente perché l'altro possa girare; se al contrario chiaramente esprimete che l'azione totale del primo sopra questo secondo, seguita ancora ad esser nul[118]la: come potete voi asserire nella vostra lettera che, la condizione della non liquidità d'una parte d'uno de’ i due circuiti, espressa nel vostro principio generale risguardante la nullità della loro azione, basti per intendere che tale principio non v’ha applicato, che ai casi in cui ambedue i circuiti sieno solidi? Come ammettete voi qui, che la possibilità di poter concepire un moto continuo le parti d'un circuito di forma variabile (dimostrata dal fatto, e realmente, ma per esse sole, non tolta dal vostro principio) appartenga anco all'unico de' due circuiti che ha una forma invariabile; mentre voi stesso, ben ragionando sul vostro principio, nel testé citato passo del Recueil, e in molti altri luoghi, dimostrate che non può appartenergli? Come, infine, potete adunque pretendere, che il movimento   [119] continuo, trovato dal Cavalier Nobili, ed osservato propriamente in quello che è tutto solido fra i due circuiti chiusi, non sia stato giustamente opposto alla teoria elettrodinamica? e come, se non rinunziate al tante volte nominato vostro principio generale, che è il solo che n’è colpito, essa può in fatti sussistere?          Certo è, che il fatto del Cavalier Nobili assolutamente prova, che se i due rami di quel filo a ferro da cavallo, circondanti la calamita nell'esperienza di Faraday, si riuniscano in uno, e cosi riuniti si faccian occupare l’ asse della medesima, prima escavata intorno questo, seguitando del resto a toccare colle loro estremità il mercurio, la calamita stessa girerà attorno al proprio asse: e ciò accaderà quand'anche essa s’isoli da tutto l’intero circuito della pila. Ecco   [120] dunque in tal fatto un esempio di rotazione continua della calamita intorno al suo asse, senza che sia necessario che una parte del circuito di forma variabile, che agisce su di quella, le sia legata , o che una porzione della di lui corrente elettrica la percorra; benché voi asseriate tutto l’opposto nel passo surriferito della lettera a Faraday, e confermiate lo stesso alla pag. 236; ed ecco infine che non è vero ciò che stabilite alla pag. 204, che prima di voi non si sia ottenuto tale movi mento, perché non s'era adempita la condizione precedentemente accennata, da voi si riguardata essenziale. Ma da questo stesso fatto del Cav. Nobili si può giustamente inferire che, se co' due fili del ferro da cavallo, riuniti come ho   [121] detto, ed occupanti l'asse della calamita cava isolata da tutto il circuito della pila, questa è capace per l'azione risultante da tale circuito, di porsi in un movimento rotatorio continuo intorno al proprio asse; lo stesso farà, essendo anche tutta piena, quando gli stessi fili si disuniranno e l'abbraccieranno all' esterno, senza toccarla, ossia seguitando essa a starsene isolata dall'intero circuito della pila. Di fatti tali fili, in questa loro nuova disposizione, proseguono a cospirare, come quando erano uniti, per far girare la calamita nell'istesso senso di prima: il resto del circuito resta appresso a poco, posto egualmente: l'azione risultante de' primi, ossia del ferro da cavallo sarà soltanto minore di quella che aveva luogo nel primo caso; il   [122] movimento rotatorio della calamita intera sarà dunque tutt'al più diminuito, ma non tolto. Sperimentatelo voi, o Signore, che avete gli opportuni apparecchi, e la necessaria destrezza ad adoperarli: ma siccome tale movimento è una conseguenza la più immediata d'un fatto, io penso, che fin d'ora si possa riguardare anche esso come un altro fatto. E se cosi è, io non so cosa si possa trovare che sia più contraddittorio di questo, a tutto il vostro ragionamento che è nella lettera a Faraday; il quale d'altronde per essere una necessaria, e giusta conseguenza del vostro principio della nullità d'azione fra due circuiti chiusi, non resta direttamente abbattuto dalla sussistenza dello stesso movimento, ma bensì ciò accade d'un tale principio. Di più, la calamita dovrà mo[123]versi ancora, quando quei due rami del filo a ferro da cavallo insieme giustaposti, si faccian pescare nel mercurio, da un lato della medesima. Ma se la calamita è libera, allora accadrà che la sua rotazione continua non s'eseguirà più intorno al proprio asse, ma bensì intorno al reoforo verticale, che lateralmente a lei si tuffa nel metallo liquido. Perocché la parte più attiva del circuito della pila sulla calamita stessa, quella che anco da se sola può far rilevare in qual porzione di questa cada, appresso a poco, la risultante delle azioni dell'intero circuito, cioè tale reoforo verticale, non ha più una disposizione simmetrica rispetto all'asse della calamita, come aveva nell'esperienza di Nobili e nella precedente, che v' invitai ad intraprende[124]re e di cui v'ho preveduto il successo: cadendo invece tutto da un lato di essa calamita , i momenti elementari di rotazione non si ridurranno più a due, disposti in sensi contrari, da una parte e dall' altra del suddetto asse, onde cospirare ambedue ad uno stesso moto rotatorio della calamita intorno questo suo asse; ma invece daranno un momento unico risultante rispetto al reoforo laterale, che farà girare la calamita intorno questo.          Voi vedete, o Signore, che qui si tratta di quella esperienza di Faraday in cui questo celebre chimico ottenne per la prima volta il giro continuo della calamita; e da tutto quello che precede risulta ad evidenza, che come il vostro principio generale sui circuiti chiusi è abbattuto dall’esperienza del Cava[125]lier Nobili, così anco con questa di Faraday esso non può sussistere, per quanto il di lei risultamento vi fosse cognito prima che stabiliste quel principio medesimo. E di ciò mi persuado ancora in breve ragionando così: nella teoria elettro-dinamica i due aghi magnetici eretti perpendicolarmente sull' orlo dell'anello di platino galleggiante sul mercurio, nell'esperienza del Cavalier Nobili, si ponno considerare come due cilindretti equidistanti dall'asse d'una medesima   calamita: essi insieme girano, e perciò girerebbe anche la calamita intera quando avesse una cavità cilindrica intorno al suo asse, ed allorché un reoforo venisse ad occupare questo vano, pescando nel mercurio; ma un movimento rotatorio di tal fatta nella calamita è   [126] contradittorio al principio di M. Ampere; perciò anche il giro di essi aghi è in contradizione collo stesso principio; e siccome il loro sistema per nient' altro gira, se non perché ognuno d'essi separatamente girerebbe pure intorno al reoforo verticale: dunque ecco che il movimento rotatorio continuo primitivo della calamita, scoperto da Faraday, s'oppone anch'esso al principio su cui si questiona.          Io fui condotto da un ragionamento analogo quando nella mia Memoria di sopra citata, unii l’esperienza del Fisico Inglese a quella dell'Italiano per affrontare questo principio, il che si può scorgere alla pag. 21 della medesima. Nella stessa, alla pag. 26 ho pure dimostrata la possibilità d'ottenere il giro continuo d'una calamita mobile solo intorno al pro[127]prio asse, per l' azione d'un circuito interamente chiuso, la cui parte più attiva per la calamita sia formata da un conduttore parallelo all’ asse di questa e fuori di essa, restando ferme le altre circostanze in cui ordinariamente si sono fin qui eseguiti esperimenti di tal fatta. Ciò mi pare che possa immediatamente dedursi dai fatti analoghi conosciuti senza l'aiuto d'alcuna teoria: perocché quando, nell'esperimento di Faraday, vediam girare la calamita, e sciegliere per asse del suo movimento il reoforo verticale, pescante nel mercurio, che fa parte d'un circuito interamente chiuso, è segno che quel reoforo è una tal parte di questo che esercita l'azione maggiore o prevalente, a quelle emananti dalle altre sue parti, sulla ca[128]lamita stessa. Dunque ragion vuole che la risultante di tutte le forze dell'intero circuito, resti applicata ad un punto della calamita, compreso fra un piano condotto pel suo asse, perpendicolare alla più corta distanza di questo dal reoforo attivo, ed un altro piano parallelo al primo e tangente la superficie della calamita stessa ne' punti che ha più vicini al medesimo reoforo. Ma di più la direzione di tal risultante non sarà compresa nel piano in cui sono compresi il nominato asse e questo reoforo; perché, il germe di tutte le scoperte elettro-dinamiche, cioè il gran fatto primitivo scoperto da Oersted, prova, che se la calamita in tal caso fosse libera disporrebbe il suo asse perpendicolar[129]mente alla direzione del reoforo stesso. Dunque nelle circostanze surriferite, sussisterà sempre un momento di rotazione della calamita rispetto al suo asse, cioè tenderà a girare intorno questo: e se mai avverrà che col suo sforzo possa vincere le resistenze che s'oppongono al suo movimento, ossia se comincierà a muoversi, proseguirà indesinentemente, restando sempre la stessa nel suo girare rispetto al reoforo attivo, e questo essendo sempre identico riguardo a lei. Ed io non so capire perché tal discorso non debba avverarsi anche quando il mercurio non abbia nissun intervento nell'apparecchio con cui l'intero circuito della pila si pone in azione sulla calamita; quando cioè questa si sospenda, come in pernio, sul proprio     [130] asse, senza galleggiare in un liquido conduttore, e senza che il reoforo, che dissi attivo, peschi nel medesimo. In somma io ritengo possibile, che una calamita, mobile solo intorno al suo asse, possa girare per l'azione d'un circuito interamente chiuso e solido; e che questo debba verificarsi disponendo tale circuito colla calamita nel modo che precedentemente dichiarai, togliendo però affatto di mezzo il liquido conduttore. Quindi ritengo pure, che gli altri movimenti già osservati nella calamita, coll'intervento del mercurio, sieno possibili anche senza questo. E rispetto al giro d'una calamita cava, isolata dall’intero circuito della pila, del quale si è superiormente trattato, io do a me stesso ragione che sia possibile coll' adoperare questo circui[131]to, sempre chiuso, anche di forma invariabile, dicendo. Se da quel punto in cui un reoforo incontra il mercurio corrispondente all'asse della calamita, si conducessero tanti sottili fili solidi conduttori quanti sono i filetti di globicini di mercurio pe' quali la corrente, in quel punto sparpagliata, si conduce nell'interno del metallo liquido, per riunirsi poi in quell'altro punto di questo che comunica coll'altro reoforo; certo è che le correnti condotte per tutti questi fili tenendo il luogo esattamente di quelle propagate pel mercurio, produrrebbero sulla calamita lo stesso effetto di queste ultime; e siccome tutto il resto del circuito elettrico resta lo stesso di prima; e d'altronde que' fili ripiegandosi intorno alla calamita, ed abbracciandola sen[132]za toccarla (come fanno le correnti elettriche condotte dal mercurio, per esser la calamita ricoperta d' una sostanza isolatrice), non le impedirebbero di muoversi intorno al proprio asse: così, perché in tal modo si muoveva quando pescava nel mercurio, seguiterà a muoversi ora che questo liquido non è più presente, purché con qualche congegno sia posta in bilico sopra questo suo asse. È inutile il dire che al sistema di tutti gl’immaginati fili, ne’ quali si dividerebbe il reoforo verticale, se ne potrà sostituire uno più semplice, d’effetto eguale, e facile ad eseguirsi. Tutto questo prova adunque ad evidenza, che il movimento continuo, per l’azione reciproca di due sistemi qualunque di circuiti chiusi e di forma invariabile, se non altro non è impossibile:   [133] mentre voi, o Signore, asserite l'opposto in tutti i luoghi del vostro Recueil nei quali di ciò si tratta, e lo confermate nella lettera che vi siete degnato di scrivermi.          È vero che, poco dopo il principio di questa mi dite: che tale impossibilità sia vera pe' circuiti chiusi totalmente solidi c'est ce qu'il vous sera facile de vérifier, parceque dans toutes les positions de deux circuits fermées ou l’un d'eux tend à imprimer à l'autre un mouvement de rotation continue, il arrive à mesure que ce mouvement a lieu, que le circuit fermé mobile vient s' appuyer sur l' autre, et que le mou[ve]ment ne peut continuer qu'autant que l'un des deux circuits a, dans l'endroit ou ils se rencontrent, une portion liquide que l'autre puisse traverser. Ma la diffe[134]renza fra la ragione, con cui qui mi persuadete dell'impossibilità del movimento del quale si parla, e quella che stabiliste nel vostro Recueil, è secondo me tanto grande, che sola avrebbe bastato per farmi credere che voi aveste rinunziato al vostro principio generale, tal quale si trova complessivamente espresso in quest'opera vostra, ossia che foste venuto del mio avviso, se la lettura del resto della vostra lettera non m' avesse disingannato. Voi capirete adunque, o Signore, che a me pare di vedere una specie di contradizione fra la maniera con cui significate quel vostro principio in tal lettera, e nel vostro Recueil. E di fatti, altro è dire che il movimento di uno de' due circuiti chiusi è impossibile, perché, in tutti i casi in cui sarebbe   [135] possibile, il primo incontra le parti solide e ferme del secondo, e quindi n'è trattenuto: ed altro il dire che è impossibile perché l'azione totale o risultante dell'un circuito sopra l'altro è nulla (V. fra gli altri, il passo soprascritto della lettera a Faraday); e mentre se quest'ultimo caso fosse vero, l'impossibilità medesima dipenderebbe dal modo d'essere o dalla natura della forza elettro-dinamica, e quindi potrebbe prevedersi analizzando le vostre formole matematiche esprimenti tale natura; se invece quel primo caso si verifica, la stessa impossibilità non ha niente a che fare con questa natura della forza elettro-dinamica; e solo dipende da una condizion fisica de' due circuiti fra i quali s'esercita,   [136] qual è la loro impenetrabilità; la quale nelle disposizioni favorevoli impedirà al mobile fra i due circuiti d’obbedire alla risultante delle loro azioni reciproche, che tenderebbe ad imprimergli un moto rotatorio continuo, e la quale perciò non è sempre nulla. Sul precedente caso osserverò ancora che mentre, come dissi, dalle vostre stesse formole si dovria dedurre che la risultante delle azioni fra due circuiti chiusi è sempre nulla, a me pare che invece s’inferisca che molte volte può sussistere ed avere un valore determinato: e ciò va d’accordo col passo riferito della vostra lettera a me diretta. E siccome questa deduzione appunto io ricavai dalla vostra Memoria sull’applicazione del calcolo ai fenomeni elettro-dinamici, mercé ragionamenti che in lun[137]go esposi nella mia Memoria, i quali furono da me applicati alla spiegazione del movimento continuo scoperto dal Cav. Nobili, e de- gli altri, che fin d’allora dichiarai di ritenerli contradittorii al vostro principio generale, così la suddetta giusta deduzione mi lusinga che tali ragionamenti sieno pur essi giusti.          Rispetto poi al nuovo modo con cui, Signore, stabilite essere realmente impossibile il movimento continuo in un circuito chiuso e solido, per l’azione d’un altro circuito avente le stesse due qualità, permettete che vi dica ch’esso per niente mi persuade. Perocché per quante disposizioni voi abbiate provate o immaginate onde tentare se lo stesso movimento sia possibile, o se non si dia l’incontro delle parti dell’un circuito con   [138] quelle dell’altro, ciò non toglie che non ne sieno immaginabili delle altre, nelle quali tal incontro non avendo luogo, il movimento stesso diventerebbe possibile, e verificabile sperimentalmente. Io credo di più d’averne già indicate due di queste ultime disposizioni favorevoli, e vi sovvenirà quali sono. Restringendo adunque in breve, ciò che dissi sul soggetto che ci occupa, nella mia Memoria, e quello che fin qui mi sono ingegnato d’esporvi più chiaramente che mi sia stato possibile, concluderò:          1°. Che il movimento continuo scoperto dal Cav. Nobili, e tutti gli altri che s’osservano in un sistema di circuiti chiusi di forma invariabile, com’è la calamita, per l’[139]azione d’un circuito parimenti chiuso, non totalmente solido, sono realmente opposti al vostro principio generale, relativo all’ azione di tali circuiti, secondo l’idea che se ne può formare nel vostro Recueil; e ciò principalmente, perché la condizione della non liquidità d’una parte d’uno de’ due circuiti, fa escludere dal così espresso principio l’ impossibilità del movimento, per le parti separatamente di quest’ ultimo circuito, e non per l’altro di forma invariabile.          2°. Che dalle vostre stesse formole matematiche, determinanti la natura della forza elettro-dinamica, si deduce che la risultante delle azioni esercitate fra due circuiti chiusi, per far girare   [140] uno d’essi intorno qualch’asse, non è sempre nulla: e perciò, quand’ anche per la costituzione fisica di essi circuiti, considerati indipendentemente dall’elettricità che conducono, non fosse mai possibile che il mobile fra essi potesse proseguire il suo moto, essendo arrestato dall’altro, non si potrebbe per questo dire che tale movimento fosse impossibile rispetto alla forza elettro-dinamica; che anzi tendendo questa molte volte a produrlo, in quest’ultimo senso è possibilissimo.          3°. Che a questo stesso risultamento s’arriva, ricavando delle conseguenze immediate da fatti ben stabiliti sulle azioni elettro-dinamiche, esercitate fra circuiti chiusi.   [141]          4°. Che v’è una gran differenza, per non dire contradizione, tra la maniera con cui, nella lettera che a me scriveste, persuadete essere impossibile il moto rotatorio continuo ne’ circuiti chiusi solidi, e quella di cui vi siete servito nel vostro Recueil; la qual differenza sola basterebbe per mostrare che aveste rinunziato al vostro principio generale e tal quale è espresso in quest’Opera, se in seguito non faceste conoscere tutto l’opposto.          5°. Che ad ogni modo questa vostra nuova maniera di far concepire l’impossibilità del movimento del quale si parla, o d’esporre il vostro principio generale, non può persuadere; essendo almeno possibile che si dieno delle disposizioni tali de’ due circuiti chiu  [142] si solidi, che la loro impenetrabilità (cui si riduce la nuova causa che mostrate dell’impossibilità medesima) non sia d’ostacolo al moto continuo d’uno d’essi.          6°. Che in fine io son d'avviso d'averne indicate due delle buone, di queste ultime disposizioni.          La conclusione generale poi, che da tutte le precedenti deriva, la più importante per l’oggetto che m’ha determinato a scrivervi, e che di sopra feci conoscere, si è, che questo vostro principio generale, tante volte ormai citato, e che non ho mai potuto intender bene, è assolutamente falso, in qualunque de’ sensi si prenda con cui finora lo concepiste. È vero che rinunziando voi, Signore, al medesimo (se pure non m’ingannai) perderete in es[143]so uno de’ vostri più potenti sostegni contro alcuni celebri oppositori della vostra teoria; i quali considerando sempre la causa de’ fenomeni magnetici diversa dall’elettricità, si danno a spiegare l’azione de’ conduttori colle calamite ammettendo, che ciascun polo di queste eserciti sopra una corrente elettrica una forza costantemente perpendicolare al raggio vettore; e che le attrazioni o repulsioni apparenti risultino dalla combinazione delle forze evolutive de’ due poli. Ma io mi penso che restino ancora abbastanza saldi i fondamenti della vostra teo ria, perché meriti la preferenza su tutte le altre; se pure è vero ciò che i Fisici filosofi, almeno in astratto, predicano: che le   [144] teorie sono per la nostra mente, supplementi alla cognizione intima delle cause de’ fenomeni, la quale non è fatta per noi; e che perciò quella teoria deve adottarsi che meglio delle altre rappresenta l’apparente o l’immagine del quadro vero della natura, che per noi sarà sempre un mistero. Dire che la costituzione elettrica delle calamite è inconcepibile, e da ciò solo prender motivo per rigettare la vostra teoria, è un lasciarsi prendere dal pregiudizio che tende a far creder falso tutto ciò che di nuovo ci si presenta, e di cui non si vedono le relazioni colle altre cose conosciute. Ma posto che voi avete così felicemente mostrate queste relazioni,   [145] io non intendo perché vi si debba essere ancora chi, conoscendo questo, si serva della suddetta inconcepibilità, che oramai dovrebbe essere del tutto svanita, per argomentare contro la vostra teoria elettro-dinamica.          Che del resto, è poi assai più inconcepibile (e rimane ancora su ciò da torsi l’apparenza) l’immaginare che esistano delle forze elementari non esercitantisi secondo le rette che congiungono i punti materiali fra i quali hanno luogo, e che sarebbero tali che legando questi invariabilmente fra loro, esse imprimerebbero un movimento di rotazione al sistema solido risultante; e così andrebbe a terra il gran prin[146]cipio generale dell’azione, e reazione di Newton, cui sodisfanno tutte le altre forze conosciute dalla natura. Voi, o Signore, che su questo soggetto avete così bene filosofato, ben sapete che tale è la strana conseguenza delle forze revolutive messe in campo dai vostri più celebri compositori.          Signore, se non isdegnate d’accettare questa lettera in quella maniera, benché in verità troppo per me obbligante, che accettaste l’omaggio che vi feci della mia Memoria; e specialmente se prenderete occasione da essa per occuparvi dello stesso suo soggetto, avendo in mira le sole ragioni per le quali io superiormente v’invitai ad intraprender ciò: mi farò cuo[147]re a inviarvi un’altra lettera sulla seconda osservazione che esponete in quella che aveste la bontà di scrivermi.     Sono intanto, pieno di stima e venerazione per voi Signore,                     Bologna lì 20 marzo 1825                                                Vostro  Devotiss. Obbligatiss. Servitore                                                      

Silvestro Gherardi

A Monsieur le professeur A. Ampère, à Paris
(V. Nuova Coller.ione d'opuscoli acientifici. Quaderno I Bologna 1825)

Please cite as “L1005,” in Ɛpsilon: The André-Marie Ampère Collection accessed on 25 April 2024, https://epsilon.ac.uk/view/ampere/letters/L1005